L’amore ai tempi del Neoliberismo

Se il capitalismo ha agito ed influito sul nostro sistema economico, privatizzando i mezzi di produzione e creando sovrastrutture durature, il neoliberismo invece è arrivato a sovrastare completamente le nostre vite, investendo anche la nostra sfera più intima e personale e capitalizzando dalle nostre vulnerabilità e fragilità a tal punto da fatturare miliardi su farmaci e terapie creati ed ideati per sanare il malessere generale creato dal clima di competizione perenne tipico neoliberista.

Oltre ad essere estremamente chirurgico ed effettivo nell’individuazione dei nostri punti deboli e sul come crearne un vero mercato da essi, il neoliberismo ha stravolto completamente la nostra idea di amore e come viviamo le relazioni con l’altro.

Il declino dell’amore era già stato ampiamente dimostrato dalle varie teorie marxiste che dimostravano come anche la famiglia, la coppia e l’amore post industriale non fossero altro che prodotti creati ad hoc per soddisfare i processi capitalisti. La donna rimane in questo processo relegata al ruolo di tutrice della prole e l’uomo non ha altro compito che quello di offrire forza lavoro. Insieme, si genera un nucleo di persone pronte ad investire il proprio tempo per soddisfare un bisogno, un desiderio, che è colmabile solo attraverso il denaro.



In questo processo, il desiderio e l’amore diventano merce: esso ha un valore di scambio ed agisce sui mercati in egual maniera di un qualsiasi altro prodotto. Perde così la sua natura umana, venendo trasformato in un oggetto senza anima ma capace di produrre profitto.

Con l’avvento del neoliberismo, di Margaret Thatcher e del libero mercato gli individualismi iniziano ad avere una presa stretta sulla coscienza dell’essere umano. Nasciamo, cresciamo ed agiamo in conseguenza di ideologie non più collettive ma completamente ed egoisticamente individualiste che ci portano a nutrirci di competizione, di stress e di sentimenti negativi purché funzionali al raggiungimento di un obbiettivo che rimane comune: quello di creare profitto e di non rimanere tagliati fuori dal sistema.

La liberazione sessuale genera quello che oggi è definito il “libero mercato sessuale”, dove ognuno di noi è libero di esprimere, provare, sempre qualcosa di nuovo, di più eccitante, in un mondo completamente aperto e non regolato. Anche il sesso e la sessualità diventano un prodotto individualista nella quale vige la regola del dominato e dominante, creando rapporti e relazioni che come nel libero mercato e nella competizione, non puntano ad altro che soddisfare il bisogno di dominio (sia esso amoroso, economico o sessuale).

Un vero e proprio contratto sociale (come nella definizione di Rousseau dove delineava i rapporti fra individui e Stato) in cui le persone decidono di abbandonare il loro stato di natura – in questo caso l’amore e la passione fine a se stessa – per allineare la loro natura non più a un fine collettivo, ma completamente individualista di soddisfazione ultima dell’ego.

Come ampiamente discusso da Zizek, le classi di dominio che questi rapporti generano sono funzionali al mantenimento della funzione delle cose – perde così effetto l’erotizzazione dell’amore e viene sostituito dal potere, dal predominio di un individuo sull’altro:

«[…] l’erotizzazione del potere non è un effetto secondario del suo esercizio sul proprio oggetto, ma è la sua autentica fondazione rimossa, il suo “crimine costitutivo” , il suo gesto fondativo che deve rimanere invisibile se il potere deve funzionare normalmente» (Zizek)



La grave presa egoistica sui rapporti amorosi però, ha una moltitudine di effetti sugli individui: la spinta individualistica ci porta a non essere più capaci di provare soddisfazione, ci allontana dal godimento, dal desiderio, fondando in noi una religione in cui il nostro godimento non mantiene più una natura umana ma che può avvenire solo in contesti socio-economici ben delineati e funzionali, tutti puntati (in una società dominata dal libero mercato e dall’iperproduzione) all’eccesso.

«La conseguenza paradossale e tragica è una corsa sfrenata al godimento che, ovviamente, sfocia nell’impossibilità di godere, dal momento che il Super-io esige sempre di più.»
(Leggere Lacan, Zizek)

I rapporti che viviamo e che costruiamo diventano così falsati: in questa filosofia competitiva è importante non perdere tempo per adeguarsi agli standard invivibili della macchina perversa del capitale che diventa il nostro codice morale da seguire, il “Grande Alto”.

Vengono completamente escluse le variabili umane dei rapporti sociali che nella maggior parte dei casi, vengono recisi e sostituiti da un contratto più vantaggioso, soddisfacente o comunque più vicino (anche se egualmente distante) al raggiungere un godimento.


Abbandoniamo così l’idea di innamorarci, di provare amore perché in esso ne riconosciamo la sofferenza e nel meccanismo del realismo capitalista soffrire è vietato perché impedisce di produrre. Soffrire infatti, ci fa sentire in colpa. La macchina desiderante (Deleuze/Guattari) vive ed esiste in conseguenza del raggiungimento di un piacere prestabilito da un ordine morale già preimpostato.

«Appartenere a una società implica giungere a un punto paradossale in cui ciascuno di noi riceve l’ordine di abbracciare liberamente, quale risultato della nostra scelta, quanto in ogni caso ci è imposto(dobbiamo amare il nostro paese, i nostri genitori, la nostra religione). Questo paradosso del volere (scegliendo liberamente) quanto risulta comunque obbligatorio, o del fingere (conservando l’apparenza) che vi sia una libera scelta anche se in realtà non vi è affatto.» (Zizek, Leggere Lacan)

La sofferenza di amare per amare è considerata economicamente deleteria perché porta inevitabilmente a perder tempo e non produrre e non essere quindi performativa: ci allontaniamo così dall’idea dell’amore puro decantato dai poeti, e arriviamo ad abbracciare l’idea di amore funzionale ed utile, tutto ciò che non è utile va sostituito, le relazioni si fanno piatte, eteree, diventano veri e propri prodotti da vetrina da esporre e non toccare.

Le relazioni quindi soggette alle vulnerabilità reali umane, alle spinte passionali del desiderio, vengono etichettate come disfunzionali e tossiche, relazioni da tagliare e sostituire come un prodotto mal funzionante e mal progettato.
Non vi è più spazio per noi e per le nostre debolezze; dobbiamo dunque vivere e plasmarci in relazione a ciò che la società si aspetta da noi e vivere secondo standard che nella maggior parte dei casi sono irraggiungibili e ci costringono in uno stato di insoddisfazione perenne.

La vera rivoluzione nel tempo del neoliberismo è quindi quella di scegliere di amare e basta.
Rompere gli schemi di ciò che è giusto, di ciò che è funzionale ad un idealizzato godimento e permetterci di prendere fiato e di soffrire, di piangere, di vivere in libertà tutto quello che l’amore ha da offrirci.
Scegliere di perder tempo, di costruire, di distruggere e di ricreare. Senza preoccuparsi che questo possa essere utile o meno.

«Non è la sessualità che deve essere liberata, è l’amore. » (Zizek)

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